CONCETTO DI MAPPATURA DI UN TERRITORIO
Di ogni
territorio di nostro interesse possiamo dire di conoscere davvero soltanto i
posti in cui siamo stati fisicamente e
dei quali abbiamo un riscontro personale ed un’esperienza diretta.
Quando
osserviamo le mappe digitali ed anche quelle cartacee abbiamo indicazioni più o
meno precise e più o meno aggiornate soltanto dei contorni delle cose, e dei
loro bordi fotografici tridimensionali; ma nulla può sostituire il riscontro
fisico che in pochi istanti appura forme, pendenze, altezze, distanze, curve e
passaggi, trasmutando tutte le informazioni in conoscenza diretta.
La vera
mappatura personale di un cercatore o di qualsiasi esploratore, inizia quando
si trova sul posto e passa per ogni metro quadrato di suolo fluviale toccato ed
analizzato durante la giornata. Una
volta acquisito questo dato fondamentale possiamo dire di avere quindi una
determinata mappatura.
In alcuni
casi si torna negli stessi territori ma spostandosi di tanto in quanto, nel
tempo, di alcune decine di metri, 20, 30, 50 e lo si fa per varie ragioni,
alcune dettate dall’ abbassamento ed innalzamento dei livelli idrometrici ed altre per curiosità, voglia di conoscere,
vedere e toccare o per spirito di
avventura.
Si cambia magari ansa, sponda o ramo ma si
rimane comunque all’interno di una cerchia più ampia (ma ancora comunque circoscritta) in cui si conoscono
alcuni punti toccati in precedenza.
Percorrendo poi i tratti che dividono i vari punti ed effettuando una
ricognizione visiva nelle aree intermedie riusciamo ad avere una diretta e
quasi totale conoscenza del territorio in tutta la sua ampiezza, quindi si può
affermare di aver completato ed ampliato allo stesso tempo la personale
mappatura di quel posto.
Video illustrativo.
Video illustrativo.
LA NOSTRA ESPERIENZA DI COMPLETAMENTO
DELLA MAPPATURA DI UNA ZONA
Per noi come
Gruppo Gold Hunter (formato da due effettivi) recentemente c’è stato appunto un
primo completamento della mappatura di una zona abbastanza ampia (che
frequentiamo da quasi cinque anni) la
cui forma è ad “isola” ed è a ridosso della riva ma in pratica all’interno del
letto del fiume, pur essendo di dimensioni imponenti.
Essendoci
affezionati a questo posto, nel tempo lo abbiamo studiato anche incrociando
ogni tipo di mappa, time laps compresi (interessantissimi) e poi negli anni,
dopo che parecchi punti del posto erano stati visitati e vissuti, è sorta quasi spontanea e naturale la voglia
e la curiosità ( quasi un’esigenza) di fare una “circumnavigazione” completa
dei confini che inizialmente non prendevamo nemmeno in considerazione, completando fisicamente il giro e
l’esplorazione del territorio in questione con l’importanza fondamentale del riscontro
visivo e del “toccare con mano” in modo da circoscrivere poi appunto l’area.
Ci siamo
presi il nostro tempo quel giorno, alle sette del mattino eravamo già sul posto
pronti ed abbiamo preso il cammino opposto a quello che solitamente per anni
abbiamo fatto (dal quale punto però avremmo dovuto sbucare a fine giornata,
come il filo che passa con l’ago per chiudere una cucitura.) avventurandoci per un sentiero mai battuto a
piedi da noi, ma visto soltanto a poche decine di metri per tanto tempo.
Abbiamo tenuto il sentiero costeggiando la parte dell’isola che già conoscevamo
e fino a dove eravamo arrivati ad esplorare,
grosso modo e poi siamo scesi ed avventurati addentrandoci nella selva
tra alberi caduti, sassi e rovi belli alti.
I primi
terreni che abbiamo dovuto attraversare erano abbastanza impervi e pieni di ostacoli,
si procedeva quindi lentamente ed ogni cinque – dieci metri a quel punto mi
fermavo qualche secondo per rendermi conto del posto e per orientarmi nei punti
di riferimento che avevo dalle mappe digitali studiate con il mio compagno di
avventura Alessandro, trovandoci in luoghi ancora inesplorati e sconosciuti da
noi.
Così facendo
siamo riusciti a costeggiare il fianco del ramo interno ed arrivare all’estremo
confine sud, potendo quindi proiettare lo sguardo laddove prima non era ancora
arrivato, ampliando i nostri confini.
A quel punto
abbiamo iniziato la risalita dal versante opposto a quello in cui siamo arrivati,
quindi verso il fiume dove l’ostacolo per camminare bene non era più la folta
vegetazione ma una distesa di sassi sconnessi.
Poche decine di metri di cammino ed abbiamo effettuato una sosta
esplorativa veloce (senza piazzare il campo, solo giù li zaini e il carico) per
fare alcune prospezioni, per controllare
dimensioni e tipologia delle pietre e la conformazione del terreno.
Terminata
queste operazioni , abbiamo rimesso in spalla zaini e carichi vari ed abbiamo ripreso
la risalita, camminando lentamente sia per le pietre che ostacolavano un
cammino regolare e sia per poter fissare visivamente ogni fotogramma di quella
parte di isola che non avevamo ancora toccato e che appariva nuova ai nostri
occhi. Pochi minuti dopo iniziamo a scorgere i posti dove noi operiamo spesso,
dove ci accampiamo, e per la prima volta li vediamo da sud, in lontananza ma li
riconosciamo perché sono a noi familiari, sanno di rifugio, di “casa”.
Una volta
arrivati al nostro vecchio posto abbiamo finalmente piazzato il campo e fissato
la bandiera ad un albero; tra una cosa e
l’altra si sono fatte le otto, otto e un quarto del mattino e siamo già
stanchi, spompati e sudati ma ci beviamo il nostro caffè caldo dal thermos
soddisfatti di aver completato qualcosa per noi come gruppo di ricerca e per
aver affrontato e portato a termine alle prime luci dell’alba una nuova
faticosa avventura in mezzo alla natura, come una sfida vinta con sé stessi,
con tutto il suo carico di significati personali.
Sergio
Cirillo