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mercoledì 7 agosto 2019

Cercatori d'oro. Mappatura di un territorio.


CONCETTO DI MAPPATURA DI UN TERRITORIO 

Di ogni territorio di nostro interesse possiamo dire di conoscere davvero soltanto i posti  in cui siamo stati fisicamente e dei quali abbiamo un riscontro personale ed un’esperienza  diretta.
Quando osserviamo le mappe digitali ed anche quelle cartacee abbiamo indicazioni più o meno precise e più o meno aggiornate soltanto dei contorni delle cose, e dei loro bordi fotografici tridimensionali; ma nulla può sostituire il riscontro fisico che in pochi istanti appura forme, pendenze, altezze, distanze, curve e passaggi, trasmutando tutte le informazioni in conoscenza diretta.
La vera mappatura personale di un cercatore o di qualsiasi esploratore, inizia quando si trova sul posto e passa per ogni metro quadrato di suolo fluviale toccato ed analizzato durante la giornata.  Una volta acquisito questo dato fondamentale possiamo dire di avere quindi una determinata mappatura.
In alcuni casi si torna negli stessi territori ma spostandosi di tanto in quanto, nel tempo, di alcune decine di metri, 20, 30, 50 e lo si fa per varie ragioni, alcune dettate dall’ abbassamento ed innalzamento dei livelli idrometrici  ed altre per curiosità, voglia di conoscere, vedere e toccare  o per spirito di avventura.
 Si cambia magari ansa, sponda o ramo ma si rimane comunque all’interno di una cerchia più ampia (ma ancora  comunque circoscritta) in cui si conoscono alcuni punti toccati in precedenza.  Percorrendo poi i tratti che dividono i vari punti ed effettuando una ricognizione visiva nelle aree intermedie riusciamo ad avere una diretta e quasi totale conoscenza del territorio in tutta la sua ampiezza, quindi si può affermare di aver completato ed ampliato allo stesso tempo la personale mappatura di quel posto.

Video illustrativo.


LA NOSTRA ESPERIENZA DI COMPLETAMENTO DELLA MAPPATURA DI UNA ZONA
Per noi come Gruppo Gold Hunter (formato da due effettivi) recentemente c’è stato appunto un primo completamento della mappatura di una zona abbastanza ampia (che frequentiamo da quasi cinque anni)  la cui forma è ad “isola” ed è a ridosso della riva ma in pratica all’interno del letto del fiume, pur essendo di dimensioni imponenti.
Essendoci affezionati a questo posto, nel tempo lo abbiamo studiato anche incrociando ogni tipo di mappa, time laps compresi (interessantissimi) e poi negli anni, dopo che parecchi punti del posto erano stati visitati e vissuti,  è sorta quasi spontanea e naturale la voglia e la curiosità ( quasi un’esigenza) di fare una “circumnavigazione” completa dei confini che inizialmente non prendevamo nemmeno in considerazione,  completando fisicamente il giro e l’esplorazione del territorio in questione  con l’importanza fondamentale del riscontro visivo e del “toccare con mano” in modo da circoscrivere poi appunto  l’area.
Ci siamo presi il nostro tempo quel giorno, alle sette del mattino eravamo già sul posto pronti ed abbiamo preso il cammino opposto a quello che solitamente per anni abbiamo fatto (dal quale punto però avremmo dovuto sbucare a fine giornata, come il filo che passa con l’ago per chiudere una cucitura.)  avventurandoci per un sentiero mai battuto a piedi da noi, ma visto soltanto a poche decine di metri per tanto tempo. Abbiamo tenuto il sentiero costeggiando la parte dell’isola che già conoscevamo e fino a dove eravamo arrivati ad esplorare,  grosso modo e poi siamo scesi ed avventurati addentrandoci nella selva tra alberi caduti, sassi e rovi belli alti.  
I primi terreni che abbiamo dovuto attraversare erano abbastanza impervi e pieni di ostacoli, si procedeva quindi lentamente ed ogni cinque – dieci metri a quel punto mi fermavo qualche secondo per rendermi conto del posto e per orientarmi nei punti di riferimento che avevo dalle mappe digitali studiate con il mio compagno di avventura Alessandro, trovandoci in luoghi ancora inesplorati e sconosciuti da noi.
Così facendo siamo riusciti a costeggiare il fianco del ramo interno ed arrivare all’estremo confine sud, potendo quindi proiettare lo sguardo laddove prima non era ancora arrivato, ampliando i nostri confini.  
A quel punto abbiamo iniziato la risalita dal versante opposto a quello in cui siamo arrivati, quindi verso il fiume dove l’ostacolo per camminare bene non era più la folta vegetazione ma una distesa di sassi sconnessi.   Poche decine di metri di cammino ed abbiamo effettuato una sosta esplorativa veloce (senza piazzare il campo, solo giù li zaini e il carico) per fare alcune prospezioni,  per controllare dimensioni e tipologia delle pietre e la conformazione del terreno. 
Terminata queste operazioni , abbiamo rimesso in spalla zaini e carichi vari ed abbiamo ripreso la risalita, camminando lentamente sia per le pietre che ostacolavano un cammino regolare e sia per poter fissare visivamente ogni fotogramma di quella parte di isola che non avevamo ancora toccato e che appariva nuova ai nostri occhi. Pochi minuti dopo iniziamo a scorgere i posti dove noi operiamo spesso, dove ci accampiamo, e per la prima volta li vediamo da sud, in lontananza ma li riconosciamo perché sono a noi familiari, sanno di rifugio, di “casa”.
Una volta arrivati al nostro vecchio posto abbiamo finalmente piazzato il campo e fissato la bandiera ad un albero;  tra una cosa e l’altra si sono fatte le otto, otto e un quarto del mattino e siamo già stanchi, spompati e sudati ma ci beviamo il nostro caffè caldo dal thermos soddisfatti di aver completato qualcosa per noi come gruppo di ricerca e per aver affrontato e portato a termine alle prime luci dell’alba una nuova faticosa avventura in mezzo alla natura, come una sfida vinta con sé stessi, con tutto il suo carico di significati personali. 
Sergio Cirillo

Gold Hunter 

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